
La rubrica 89 dello statuto di Pontorme del 1346, appena dato alle stampe da Pacini e curato dal sottoscritto e da Marco Frati, con un saggio introduttivo di Vanna Arrighi, ci ricorda le antiche abitudini e quindi gli antichi divieti. Evidentemente appena arrivava il carnevale, un pretesto come un altro, erano frequentissime le risse fra empolesi e pontormesi, e soprattutto le sassaiole. Dunque la rubrica in oggetto, intitolata “De pena rissantium cum empolensibus et facere maium” (Pena per coloro che provocano risse con gli empolesi e recitano “il maggio”) così recitava: “Nessuna persona del comune di Pontorme possa formare aggregazioni per il calendimaggio e chi agisca diversamente sia punito in 10 soldi per ciascuna volta; allo stesso modo nessuno possa alla vigilia delle feste o nel tempo delle litanie o in qualunque altro momento attaccare lite o fare “amaza scudo”o gettare pietre contro gli Empolesi, alla pena di 40 soldi: inoltre che il padrone sia responsabile per il dipendente, il padre per il figlio, il fratello per il fratello, il nonno e lo zio per il nipote; inoltre che nessuno nella sera di Carnevale (vigilia) oltrepassi il ponte dell’Orme per fare quanto sopra.

Quanto prescritto sia inoltre bandito pubblicamente dal pubblico banditore in ogni giorno di vigilia e nel tempo delle litanie; il notaio del detto comune debba andare in perlustrazione”. Non sembra un caso che la disposizione successiva prevista dallo statuto sia relativa alle percosse. Che tempi!
Paolo Santini ©RIPRODUZIONE RISERVATA